Se Atene piange...

Un vecchio adagio recitava così: "Se Atene piange, Sparta non ride"; il che vuol dire che, tra acerrimi nemici, non necessariamente la disgrazia dell'uno significa la felicità dell'altro.
Mutatis mutandis, quest'affermazione può anche essere considerata valida per altri due "nemici" dei giorni nostri o, per meglio dire, due realtà che vengono continuamente contrapposte e confrontate.
Si parla di libri cartacei e dei loro corrispettivi digitali, gli e-book.
Si sostiene sempre più frequentemente che il supporto informatico stia via via sostituendo quello tradizionale, e che tra non molto ormai i vecchi volumi fatti di pagine diventeranno obsoleti, soppiantati da e-reader e tablet di ultima generazione.
Eppure, le cose non sembrano stare esattamente così...
Recentemente, in un articolo scritto da Nicholas Carr, e basato su una serie di ricerche e verifiche effettuate dal centro Pew riguardo le abitudini dei lettori americani nel corso dell'anno 2012, pare infatti che lo scenario sia un po' più variegato. Se è vero infatti che c'è stata una netta crescita nella vendita di ebook, si è però registrato un parallelo incremento nella vendita anche dei libri tradizionali, e in più solo il 30% degli intervistati ha dichiarato di aver letto un libro digitale, mentre l'89% ha affermato di aver sfogliato almeno un volume cartaceo.
Inoltre, pure se le vendite di ebook sono cresciute, in realtà si è registrata una battuta di arresto rispetto agli anni passati, quando i numeri erano stati decisamente più elevati.
Le conclusioni a cui giunge Carr sono così che in definitiva non si possa fare un vero e proprio confronto-scontri tra i due formati di libro, perchè semplicemente la fruizione dell'uno e dell'altro si legano a momenti ed esigenze diverse
Così, se seduti comodamente in poltrona si continuerà a prediligere un libro di carta e fogli, magari viaggiando si preferirà un tablet: come è successo con gli audiobook, che hanno affiancato ma non sostituito la loro controparte materiale, così sarà per gli ebook.
Lo scenario ci pare abbastanza plausibile, così come l'affermazione del giornalista statunitense secondo la quale, in fondo in fondo, è un po' troppo presto per archiviare come sorpassata la grande rivoluzione attuata da Gutenberg

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