Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate, cerca di spiegare cosa aspettarsi dal redditometro 2013 e di allontanare le paure dettate anche dalla definizione di “stato di Polizia” che Berlusconi ha usato nella sua recente intervista a Porta a Porta.
A cosa serve il Redditometro
Il redditometro sarà un'analisi delle voci di spesa che riguardano un po' tutto, dalle automobili alle spese condominiali, da quelle mediche a quelle per le imbarcazioni, per verificare se esiste un'equivalenza logica tra quanto si è speso, e quanto il contribuente ha dichiarato di guadagnare nello stesso anno.
Si comincerà con l'esame delle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2009.
Secondo quanto dichiarato dall'Agenzia stessa però, “resta ferma la facoltà dell'Agenzia delle Entrate di utilizzare elementi di capacità contributiva diversi da quelli indicati nel redditometro... e quote di risparmio riscontrate che si sono formate nell'anno”.
Cosa spiega Attilio Befera.
“Non siamo uno stato di Polizia fiscale, non mi sembra sia questa la caratteristica che contraddistingue il redditometro dell’Agenzia delle Entrate. In estrema sintesi, il nostro redditometro consiste in una procedura informatica che, incrociando banche dati e utilizzando con estrema cautela indicatori di tipo statistico, punta ad individuare, con la maggiore attendibilità possibile, il grado di correlazione fra il reddito che emerge dalle dichiarazioni fiscali di un soggetto e la sua capacità di spesa, quale risulta invece dai dati di cui il fisco dispone”.
Poi continua parlando del ruolo del cittadino in tutto questo:
“Una volta quindi emerso, con l’applicazione del redditometro, un rilevante scostamento (oltre il 20%) tra il reddito dichiarato e le spese sostenute sta poi al contribuente addurre le ragioni che possono comprovare, a suo avviso, questo scostamento. E’ un tipico caso di barbarie giuridica? Sempre la comune esperienza dimostra che nessuno, più del contribuente stesso, può sapere come stiano effettivamente le cose. Del resto, questa non è certo una novità, ma è un principio che esiste nel nostro ordinamento fiscale dalla riforma tributaria del 1973, nata con l’apporto fondamentale di un grande politico e studioso liberale, qual è stato Bruno Visentini”.
E infine parla della famosa tabella A, ovvero quella che comprende le voci di spesa affrontate dal contribuente.
“Il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva, indicato nella tabella A, è determinato tenendo conto della spesa media, per gruppi e categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente; tale contenuto induttivo corrisponde alla spesa media risultante dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale”.
Fatto sta, che i contribuenti restano perplessi e continuano a non fidarsi di questo freddo calcolo...
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